Mi guardo intorno. Grande commozione: il teatro è pieno, tutti aspettano l’inizio dell’Opera, canto di Patria e di Libertà, in questa povera terra d’Italia, così tristemente divisa.
I giovani studenti, lassù nel loggione, sono pronti a lanciare i volantini tricolore con la scritta W VERDI (W Vittorio Emanuele Re D’Italia).
Con me nel palco un gruppo di distinti signori: Bartolomeo Merelli, impresario del teatro, il conte Camillo Benso (il Cavour), ed il Maestro Verdi.
Prende la parola Merelli: "Cerco di fare del mio meglio, contro tutto e contro tutti, tribunale austriaco della Censura compreso, per mettere il mio Teatro al servizio degli ideali liberali e rivoluzionari. Per la verità il maestro Verdi, con le sue Opere, mi aiuta in questa difficile impresa politica".
Il Cavour approva, sorride e promette il suo aiuto.
Cavour: "dispongo di un ottimo contingente militare: uomini scelti e preparati, guidati dal Garibaldi, un giovane coraggioso, che ha già affrontato diverse rivoluzioni. Non è con noi oggi perché ama la guerra, non la musica! Non riesce però ancora a dimenticare le fucilate della battaglia di Custoza. Del vostro grande sipario rosso farebbe giubbe per i suoi soldati! "
Il grande sipario rosso si apre. Un coro canta…
Va’ pensiero sull’ali dorate…
Del Giordano le rive saluta…
Oh mia Patria, sì bella e perduta…
Sono gli Ebrei, schiavi in Babilonia, che ricordano la loro terra.
Una lacrima solca il viso del maestro Verdi. Piange.
Penso anch’io all’indipendenza, all'unità d'Italia, al mio Regno delle "due" Sicilie.
Forse presto saremo pronti anche noi!
Saverio Albergo, 3G
(nella foto: Verdi e Garibaldi)