26 dicembre 2009

Chopin, un Mito!

Quante volte, durante l'inverno, seduti davanti alla televisione, avete visto annoiati la pubblicità di qualche prodotto e avete pensato di sostituirne la musica? Noi della Terza C abbiamo fatto questo gioco e abbiamo abbinato alla pubblicità di una nota cioccolata svizzera il "dolcissimo" Notturno in Mi bemolle maggiore op.9 n.2 di Fryderich Chopin.
LO CONOSCETE???

Chopin è stato il più grande compositore di Notturni, all'epoca molto apprezzati nei salotti aristocratici parigini, tanto che fu presto soprannominato "il Poeta del Pianoforte". Dedicò il Notturno op.9 n.2 alla nota pianista Maria Pleyel. I critici affermarono che Chopin era troppo giovane per comporre capolavori ma noi pensiamo che non bisogna certo avere i capelli bianchi per essere un grande musicista! L'atmosfera che il Notturno ha creato intorno a noi, quando l'abbiamo ascoltato in classe, è sognante, fiabesca, quasi irreale. Ti dà la sensazione di esserti appena svegliato dopo un lungo e riconciliante sonno. E hai voglia di cioccolata!

Gli alunni della Terza C

nella foto: F. Chopin (Varsavia 1810 - Parigi 1849)

21 dicembre 2009

Turandot, la Principessa di ghiaccio

La stagione lirica del teatro Petruzzelli di Bari si è aperta domenica 6 dicembre 2009 con Turandot di Giacomo Puccini, diretta dal Maestro Renato Palumbo con la regia di Roberto De Simone. Per noi c’erano DUE inviati "molto speciali": Federica Rolli e Antonio Bertolino. Entrambi ci raccontano l’Opera, ma ognuno secondo un proprio punto di vista perchè a Federica è piaciuta la bella Turandot che impara l’amore, Antonio ha tifato per il principe straniero che, come uomo, di quell’amore è solo la povera vittima!

Turandot è un'opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta da Giacomo Puccini e successivamente completata da Franco Alfano.

La storia si svolge a Pechino. Un Imperatore della Cina aveva una figlia di nome Turandot, bellissima ma crudele. Non voleva sposarsi, ma l’Imperatore desiderava un erede al trono. Così lei acconsentì ad incontrare i numerosi pretendenti, giunti da ogni parte del mondo per chiederla in sposa, ponendo loro una condizione: avrebbe proposto tre enigmi e solo chi fosse riuscito a risolverli, sarebbe diventato suo sposo; diversamente sarebbe stato condannato a morte. In molti accorsero, attratti dalla bellezza di Turandot, ma nessuno seppe sciogliere gli indovinelli. Un giorno si presentò a corte un giovane principe, venuto da terre lontane e perdutamente innamorato di Turandot al punto da mettere in gioco la sua vita. Il suo nome era sconosciuto a tutti, tranne che a suo padre ed alla serva Liù. Nella sorpresa generale riuscì a svelare gli enigmi, ma non volle obbligare la principessa a diventare sua sposa. Le pose, invece, un nuovo enigma: se lei fosse riuscita a scoprire il suo nome, l’avrebbe sciolta dall’impegno e lui avrebbe perso la vita. Per tutta la notte Turandot cercò di scoprire il nome del principe sconosciuto arrivando persino a torturare il padre e la schiava, che preferì pugnalarsi piuttosto che rivelare quel nome. Da questo gesto Turandot capì cos’è l’Amore ed il matrimonio fu celebrato.

Le scenografie sono state molto imponenti: per rappresentare l’esercito imperiale al coro sono state affiancate riproduzioni delle famose “statue di terracotta”. Anche i costumi sono stati fedeli a quelli dell’antica Cina. Splendida l’interpretazione di Turandot e della schiava Liù. Bravissimo il coro delle voci bianche, preparato e diretto con altissima professionalità dalla prof.ssa Emanuela Aymone.

Federica Rolli IIIG


Turandot è un’opera lirica molto particolare: la bellissima principessa Turandot sfrutta il suo fascino orientale per mietere vittime fra gli uomini, che lei odia perché molto tempo prima una sua antenata era stata vittima di abusi da parte di alcuni tartari, allora dominatori in Cina. Turandot sottopone ogni tenace pretendente a quesiti impossibili da risolvere; in caso di errore, il malcapitato va incontro all’ascia del boia, fin troppo spesso impiegata!. Tutti a corte sembrano stufi di tutte queste continue decapitazioni, compresi i tre ministri Ping, Pang e Pong, che inscenano canti rimpiangendo la loro antica tranquillità in campagna. Un bel giorno giunge, dalla lontana Persia, un principe di nome Calaf, deciso ed astuto, invaghito della bella Turandot. E’ accompagnato dal padre, e dalla dolce Liù, segretamente innamorata di lui, che cercano di distoglierlo da tanta sconsiderata follia. Ma nonostante le suppliche, Calaf suona il gong e dà inizio al gioco degli enigmi della principessa di ghiaccio, enigmi che risolve abilmente ed in breve tempo. La principessa mostra per la prima volta un’emozione che non è odio, ma supplica il padre di non consegnarla allo straniero. Calaf le propone allora una sfida: per avere la sua testa dovrà indovinare il suo nome prima dell’alba. Turandot fa catturare Liù, che preferisce morire pur di non rivelare il fatidico nome. Il giorno dopo, però, accade un fatto assai strano: Turandot, invitata a proclamare il nome del principe persiano, griderà: “AMORE!”

Questa fantastica storia è stata ambientata, nella regia di Roberto De Simone, in una scenografia mozzafiato, che racchiude in sé tutto il fascino e il mistero della cultura orientale, grazie anche a costumi di scena sfarzosissimi che ricordano l’età antica cinese. Anche i cantanti sono stati sublimi! Non mi sono davvero accorto del passare del tempo!

Antonio Bertolino III F

Nella foto: Giacomo Puccini (1858 - 1924) al pianoforte

17 dicembre 2009

Cecchina, quella buona figliola!

Commedia esilarante dal ritmo divertente, un interminabile insieme di intrugli amorosi e di amori impossibili per il geniale personaggio che ha consacrato Niccolò Piccinni, quel baresotto venuto dal nulla che ci ha divertito tutti, preannunciando quelle che poi sarebbero diventate le attuali commedie televisive, con la CECCHINA. Tutto iniziò quella ormai lontana sera del 6 febbraio 1760, quando al Teatro delle Dame di Roma le musiche di Piccinni, sul libretto di Carlo Goldoni, si innalzarono verso un cielo di risate dando così vita a quella contadinella al servizio del marchese della Conchiglia, e perdutamente innamorata di lui, ma con alle spalle un buffo spasimante di nome Mengotto. Nell’evolversi della vicenda, l’amore tra la contadina ed il suo nobile marchese viene compromesso dal dislivello sociale, dalle trame della sorella marchesa, dal cavaliere Amidoro, dalle malelingue che non mancano mai e dai complotti di servitù. Così, tra pentimenti e frustrazioni, la povera Cecchina è costretta a lasciare la città. Entra in scena il soldato tedesco Tagliaferro, alla ricerca di una bambina con una voglia sul petto, scomparsa parecchi anni orsono al suo nobile signorotto. Ed ecco la sorspresa! … la bambina tanto cercata è proprio quella “buona figliola” della Cecchina! Provate così le nobili origini della giovincella, può essere celebrato il matrimonio, anzi … i matrimoni perché finalmente, dopo altre peripezie, possono sposarsi anche Mengotto con Sandrina (la pettegola del palazzo), la marchesa con Amidoro e, naturalmente, la Cecchina con il marchese. E tutti, felici, cantano in coro:

Scenda Cupido, Dio degli amori,

gli amanti dei cuori venga a legar.

E il diletto di un vero affetto,

oh, non si veda mai terminar.

Stefano Castellana III G

(nella foto: statua di N. Piccinni a Bari)

14 dicembre 2009

Ascoltando Beethoven ...


... con gli alunni di III G.

Se sei lì, seduto su una poltrona in teatro, e odi le meschine note del “destino”, spinto da un’onda sonora che ti vuole allontanare da quel pozzo senza fondo, stai ascoltando la Quinta Sinfonia di Beethoven (Stefano Castellana). La Quinta si scaglia su di noi con molta violenza di suono…(Miriana Ivona). Rappresenta la tragedia dell’implacabile, inflessibile Destino (Mauro Sylos Labini). E’ drammatica, paurosa, lavora ritmicamente e solo su due note; è la lotta dell’Uomo contro il Destino, ma sembra la lotta del Bene contro il Male! (Nicca Ramdhunnee). Il Destino: incognita della vita, instaura paura nell’animo di ogni essere umano, ma può essere sconfitto dalla Forza dell’Uomo (Michele Ranieri). Ci può far vivere nel terrore o nella gioia, ma il Destino della Quinta Sinfonia si esprime con suoni rudi, che ci colpiscono già al primo ascolto (Nicolò Mininni). La cosa che risalta di più dal Primo al Quarto Tempo è che a Beethoven piaceva scivolare fuori da ogni calcolo. Il genio che aveva in testa non lasciava spazio alla carta ed al gusto degli spettatori; ancora oggi restiamo stupiti da ciò che egli ha scritto parecchio tempo fa’ (Daria Miricola).

La Sesta Sinfonia, invece, è un romanzo della Natura (Chiara Marzullo). Composta in campagna, fa percepire all’ascoltatore una dolce quiete, perché scritta con il cuore (Giulia Corniola). Per il suono melodioso degli strumenti, nel Secondo Tempo sembra di essere in una fiaba (Giuseppe Grimaldi). Solo pensando alla campagna ed al ruscello Beethoven riesce ad ottenere suoni morbidi; questo ci fa capire la grande influenza della Natura sul suo animo (Francesco Gasbarro). Poi, d'improvviso, lampi e tuoni: la musica diventa forte e rapida, cupa e lenta (Vito Giorgio Sassanelli). Musica ancora fuori dagli schemi, dalle aspettative fuori dal mondo, con battute personalizzate per una personalissima ed inimitabile Sinfonia (Stefano Castellana). La Natura in tutto il suo splendore, con amore, dialoghi ed impressioni, è la migliore prova vivente della perfezione di Dio (Nicolò Mininni). Nell’ultimo Tempo Beethoven ringrazia Dio per tutto quello che ha creato, sapendo che il ringraziamento è la migliore forma di preghiera (Giulia Loiacono).

Al suono dolce e violento della creazione, l’Universo si forma con la Nona Sinfonia, che unisce in tutta la sua bellezza quel che trova, fino al dolce canto dell’Ode alla Gioia (Claudia Bagnoli). Nell’Adagio è rappresentato l’Amore come forma di Pace (Marcello Guarducci). Nell’Ode alla Gioia c’è presenza divina, potente e maestosa, che unisce l’intera umanità (Giulia Loiacono). Freude e Freunde (Gioia e Amici): due parole che, unite insieme, significano Fratellanza. Dovrebbe essere raccontata in ogni Sinfonia (Nicca Ramdhunnee). Il coro canta ad un’unica voce a simboleggiare l’unità dei popoli (Bibiana Ricco). Il richiamo dei corni annuncia la solenne apparizione divina (Marcello Guarducci).

La musica sinfonica di Beethoven è come una storia d’amore: turbolenta, complessa, difficile (Carla Altomare)


(nella foto: Ludwig van Beethoven (1770-1827)


4 dicembre 2009

CARMEN... tra Bizet e Sarasate

Spagna ottocentesca … una regione quasi esotica, lontana dal resto dell’Europa, che ha sviluppato un proprio folklore basato sulla tradizione antica delle danze popolari. La città più caratteristica: Siviglia, dove è ambientata l’opera lirica Carmen di Georges Bizet … e non solo! Volete conoscerne la trama? E’ un po’ forte!
Carmen, una gitana bella e ribelle, arrestata per rissa, seduce Don Josè, il capo delle guardie, con un fiore ed una ammaliante Habanera. Ricercati, i due fuggono insieme tra i monti e trovano rifugio presso i contrabbandieri. Ma un bel giorno compare Escamillo, il coraggioso torero. Carmen si innamora di lui e senza pietà abbandona Don Josè, ormai fuorilegge per colpa di lei. L’ultimo atto è agghiacciante: a Siviglia, durante la corrida, Don Josè, disperato, supplica Carmen di ritornare con lui e, al suo rifiuto, la uccide mentre la folla, dalla Plaza de toros, urla acclamando la vittoria di Escamillo.
Per il cruento finale, l’opera Carmen non piacque affatto al pubblico di allora e questo fece molto soffrire Bizet, che morì solo tre mesi dopo la prima rappresentazione, avvenuta a Parigi il 3 marzo 1875. La sua musica, però, brillante, vivace, molto ritmata, piena di vita e di colore spagnolo, ricca di originali “contaminazioni” arabe e gitane, ricomincerà a vivere nei virtuosismi violinistici della Carmen Fantasy di Pablo de Sarasate (1844-1908), il più grande violinista spagnolo. Così tra glissandi, flautati, staccati, balzati, legati, pizzicati, suoni rapidi cromatici, doppi, tripli e quadrupli, riprenderanno vita le sue più belle melodie come la danza del fiore, habanera, la sfilata del toreador, la danza gitana.
Pierluigi Abrescia II G
Alfredo Barra IIG
Nella foto: il compositore Georges Bizet (1838 - 1875)