17 dicembre 2015

A proposito di... Romanticismo

Il Romanticismo è una corrente artistica che tocca tutti gli aspetti dell’arte. Riguarda infatti la musica, la letteratura e la pittura. I temi di questa corrente, nata agli albori dell’Ottocento, sono: la ricerca di Dio, l’amore per gli altri e per la patria, la ricerca di se stessi, la vita e la morte, la solitudine. Nel romanticismo muta la visione della natura che è portatrice e specchio dell’anima del compositore o del poeta. Il Romanticismo è un movimento nato per rompere con la tendenza del Classicismo a rispettare la perfezione greca e latina.
I maggiori esponenti della corrente romantica in musica sono Beethoven e Schubert, seppur lo trattano in  modo molto differente. Beethoven ha una visione del mondo più cupa, dura; le sue opere sono pervase da un senso di rabbia e da una voglia di riscatto, come si nota nella Quinta sinfonia Del destino, dove egli sfoga la sua rabbia, perché impotente contro il destino, che lo ha reso sordo. Eppure l’opera non si conclude con la vittoria del destino, bensì vince l’uomo che, reagendo, sconfigge ogni avversità.
Agli ideali quasi rivoltosi e sicuramente accesi di Beethoven si contrappone Schubert. Nelle sue opere i sentimenti prevalenti sono l’angoscia, la tristezza e la mesta accettazione delle sventure della vita.  Le opere di Schubert, ed in particolare i Lieder, si distinguono perché la malinconia è presente ma non traspare dal testo: è una sensazione profonda e la si nota sia nel contesto poetico che nell’accompagnamento musicale ma solo dopo un’attenta analisi delle parole e della loro collocazione. Schubert, in particolare negli ultimi Lieder, nei quali descrive la ricerca di se stesso compiuta da un viandante, ci trasmette un senso di profonda tristezza, contrapposto alla poca speranza che alberga nel cuore e che, a poco a poco, va affievolendosi.
Merita un appunto anche Novalis con i suoi Inni alla notte,  pubblicati sull’Athenaeum. In queste poesie, edite esattamente nel 1800, descrive una notte “diversa” che è madre giovane e gentile. Egli scrive come sia, per lui, un dispiacere il giorno, che ritiene gramo, e come sia magnifica la notte ed il congedo del sole. Spera infatti di consumare il suo corpo per unirsi spiritualmente con la notte.
 Marco Tenerelli, 3 F





26 novembre 2015

Io e Beethoven



La Nona sinfonia è l’opera più grande di Beethoven, la storia del mondo. L’ultima e la più gloriosa delle sinfonie.
Alessandra Massari, 3F

Nella Nona sinfonia, ricca di sentimento, è presente perfino l’immagine di Dio.
Francesco Savino, 3F

Nella Nona sinfonia Beethoven è come trasportato da una forza celestiale, da una luce divina. Lo riscontriamo soprattutto nel grande Adagio del Terzo tempo, dove la musica è così angelica che non sembra composta da persona umana.
Beethoven “crea” il suo mondo ponendo al centro del proprio “creato” l’uomo così come, in campo artistico, aveva fatto Johann Caspar Friedrich nel dipinto Il viandante sul mare di nebbia.
Flavio Colaianni, 3F

Ho ascoltato per la prima volta la Nona sinfonia mentre assistevo alla proiezione del film Io e Beethoven. Difficile non esserne coinvolti. A me, persona priva di conoscenze musicali, si presentò come qualcosa di magico, di enigmatico.
La musica classica ha fatto da colonna sonora ai generi cinematografici più disparati, dal colossal 2001 Odissea nello spazio (con Così parlò Zarathustra di Richard Strauss) al drammatico e intenso Philadelphia (con La mamma morta) e, ancora, con l’intellettuale felliniano Steiner che suona Bach prima di suicidarsi nella Dolce vita. Ma la musica di Beethoven non può limitarsi a fare da sfondo a un bel film… è un vero e proprio “godimento acustico”! Non ha bisogno di uno schermo davanti: chiudi gli occhi e ogni nota ti richiama brutalmente alla vita.
Tolstoj la definì definita “lo strumento più raffinato per eccitare la lasciva dei sensi”. E pensare che questa Sinfonia, proprio perché priva di schemi, è stata associata alla violenza, alla follia… 
Est modus in rebus?
Mario Infantino, 3F


31 marzo 2015

S... come Sarastro



Il potente incantatore Sarastro, gran Maestro del Flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart, è una figura luminosa, sacerdote di Iside, ministro e interprete di sovraumana sapienza.
La sua passione non ha caratteri estremi, al contrario di quella del suo nobile corrispondente Tamino, dal momento che Tamino e Papageno incarnano due anime ideali eterne dell'uomo, di cui proprio in quegli anni si ragionava nel Faust di Goethe.
La figura di Sarastro è la chiave di lettura politica del Flauto magico, il simbolo stesso delle contraddizioni dell'Illuminismo.
Sebbene la concezione "iniziatica massonica" in quest'opera subisce una svolta epocale, poiché per la prima volta è "la coppia" non l'uomo ad affrontare l'itinerario della rinascita, Sarastro rimane il vero e unico motore dell'azione nel simbolico percorso mozartiano.
Mario Infantino, 2F

5 febbraio 2015

S... come SERPINA...


Nel Settecento, alla corte del Re di Napoli, é già attivo il teatro. Si mettono in scena i più svariati copioni, a volte tragici a volte storici, ma nei due intervalli che dividono i tre atti dell'opera bisogna inserire qualcosa, qualcosa di comico che diverta il pubblico. Così Giovanni Battista Pergolesi scrive un'operetta comica, un Intermezzo in due atti: La serva padrona, la sua unica opera teatrale di rilievo prima di morire giovanissimo. 
I personaggi sono solo tre: la servetta Serpina (soprano), affascinate e subdola ragazza, che desidera diventare la moglie del vecchio Uberto (basso), ricco e avaro padrone, che negli anni ha accumulato ricchezze; per riuscire nell'intento si servirà dell'aiuto dell'ingenuo Vespone, servo muto, quasi “strumento di scena” agli ordini di Serpina.  
La storia si apre con i dispetti che Serpina fa ad Uberto, pur cercando sempre di conquistarlo. Quando si rende conto che le lusinghe e le proprie decantate qualità non bastano ad abbindolarlo, decide di corrompere Vespone e lo traveste dal terribile Capitan Tempesta che, per quanto ne dice lei, è il suo promesso sposo. Il problema è che il capitano sembra un uomo molto violento, pronto a distruggere ogni cosa capiti a tiro di spada, e desidera anche una vasta dote. Così il vecchio avaro, valutate le conseguenze del danno, decide di sposare egli stesso la servetta. In fondo, le vuole bene...! 
Lieto il finale: durante i festeggiamenti del fidanzamento Serpina e Uberto si rendono conto di essere da sempre...  innamorati! 
Alessandra Massari, 2F