31 marzo 2018

Il teatro di Verdi e di Wagner


Giuseppe Verdi e Richard Wagner erano coetanei, entrambi nati nel 1813.
Le similitudini fra questi due geni della musica si fermano al fatto di avere entrambi dedicato la loro attenzione quasi esclusivamente al genere operistico e di averlo fatto animati da spirito rivoluzionario e nel segno del rafforzamento delle rispettive identità nazionali di appartenenza; nazioni, Germania e Italia, a loro volta accomunate da un percorso contemporaneo di unificazione. Proprio nel diverso approccio alle tematiche identitarie risiede una prima vistosa differenza fra i due grandi compositori: Verdi, ben lontano da ogni retorica e propaganda nazionalista, era mosso dalla necessità di affermare l’autodeterminazione degli Italiani contro il dominio straniero e di creare una coscienza nazionale che fosse veicolo di convivenza solidale e giustizia sociale nella nuova Italia; Wagner era più interessato ad agire sull'inconscio, proponendo una metafisica dei simboli in grado di esaltare lo spirito tedesco, illuminandolo di un’aura messianica.
Questa differenza di approccio identitario si chiarisce maggiormente esaminando la differente ricerca teatrale dei due compositori. Verdi intendeva realizzare un Teatro d’Opera che si inserisse, nobilitandola, nella tradizione moderna borghese, da Shakespeare a Hugo; per farlo aveva bisogno di realizzare una sintesi fra parola e musica che potesse essere compresa nell'azione scenica. Da qui, l’ossessiva ricerca di un poeta per musica ideale, in grado di dare voce all'esatta idea teatrale del maestro. Wagner era interessato, invece, alla possibilità di creare, nel Teatro, grazie alla sua innata “multimedialità”, l’Opera d’Arte totale. Il suo Teatro, più che nella scena, si realizzava nella psiche del pubblico, attraverso la potenza evocativa del mito e della musica.
Il flusso musicale che abbatteva le convenienze e le convinzioni teatrali non si preoccupava dell’immedesimazione e dell’intrattenimento del pubblico; il dramma veniva astratto e la parola, essendo parte integrante del flusso sonoro, non poteva che essere scritta dalla stessa penna del musicista. Il Teatro di Wagner è un ritorno alle origini, alla ritualità religiosa; quello di Verdi si inserisce, rinnovandola, nella tradizione teatrale moderna.
In Wagner, il musicista prevale sull'uomo di teatro; le sue innovazioni rivestono un interesse squisitamente musicale. Verdi, invece, ha realizzato una sintesi ineguagliabile tra musicista e uomo di teatro; il suo lavoro è nel segno della mediazione fra genio artistico e pubblico.

Gaia Pascali, 3F

6 marzo 2018

L'Olandese volante


Richard Wagner è un famoso musicista tedesco. Durante la sua proficua carriera ha composto varie opere liriche dal notevole spessore, molto apprezzate dal pubblico. Una delle sue opere più famose è L’Olandese Volante (nota, nella versione italiana, anche come Il vascello fantasma), composta tra il 1839 ed il 1841 e andata in scena per la prima volta a Dresda il 2 gennaio 1843, sotto la direzione dello stesso autore. L’abbiamo seguita dal vivo al Teatro Petruzzelli.
Già dai primi minuti della lunga ouverture si viene trascinati all'interno dell’opera con il tema principale - che verrà poi spesso ripetuto nel corso dei tre atti, quando si nomina il protagonista – e la musica, travolgente sotto la minaccia della tempesta, si addolcisce per il canto dei marinai per poi abbandonarsi alla dolcezza dell’amore, che richiama la successiva ballata di Senta, intervallata dalla potenza della tempesta che ritorna prepotentemente.
L’opera prosegue con il Primo atto nel quale il padre di Senta, Dalan, capitano di una nave che deve attraccare a causa di una tempesta, incontra l’Olandese, approdato dopo altri 7 anni di peregrinazione. Egli ha ricevuto un castigo divino per aver maledetto Dio a causa delle difficoltà riscontrate nel superare il Capo di Buona Speranza durante una tempesta: navigare senza meta per tutto il resto della vita. L’unica possibilità di redenzione è trovare una donna che, restandogli fedele per sempre, gli consentirà di ottenere la libertà. Il buon Dalan gli offre la mano della figlia Senta, abbagliato dai tesori che l’Olandese gli fa vedere sul suo vascello. Senta, che è invece amata da Erik, è invaghita proprio dell’Olandese, che lei non conosce di persona, ma la cui storia la affascina e intenerisce, sentendosi da tempo già destinata a lui. Non le sembrerà vero accettare l’Olandese in sposo e realizzare così il sogno della sua vita. La parte più famosa di questo secondo atto è la ballata di Senta, in cui lei racconta alle sue amiche le vicissitudini che hanno portato l’Olandese ad essere condannato nel suo girovagare. Nel Terzo atto, però, l’Olandese dubita della fedeltà di Senta e la ripudia. Disperata, Senta si sacrifica pur di aiutare l’uomo che ama, annegando nel mare: la sua morte per amore libererà l’Olandese dalla maledizione.
Contrastanti i sentimenti che l’opera ha suscitato in me: da una sensazione di maestosità e grandezza, data dalla melodia del tema principale, a quella di enorme tenerezza provata per la povera Senta sia quando narra la sua passione per l’Olandese, sia quando si sacrifica per amore, oltre che di timore ed impotenza al riprodursi della furia crescente della tempesta.
Molto particolare, poi,  la presenza di sole voci maschili in tutto il Primo atto, tra le quali si distingue il coro dei marinai  che mi ha molto affascinata, contrapposto poi al coro di sole voci femminili del Secondo atto, nel quale il racconto della storia del vascello fantasma da parte della protagonista (la ballata di Senta) mi è rimasto impresso per la sua tristezza, ma anche per la passione e l’amore con cui la ragazza narra alle donne la sventura che ha colpito l’Olandese, del quale è già perdutamente innamorata.
Wagner, con il suo stile di composizione, che alterna momenti dolci e delicati ad altri passionali e impetuosi, mi riporta alla mente il pittore van Gogh, il quale, tramite colori vivaci complementari, riesce a ricreare spazi senza fare una fedele e reale riproduzione della realtà. Queste caratteristiche le riscontro sia nell'animo inquieto e tormentato del pittore olandese sia in quello dello scrittore Alessandro Manzoni, che compose il più grande romanzo storico della letteratura italiana, alternando momenti di tenerezza a momenti di riflessione e di tumultuosa descrizione dell’animo umano, proprio come Van Gogh con le sue veloci pennellate e Wagner con le musiche imponenti.

Sara Stornelli, 3F