5 febbraio 2015

S... come SERPINA...


Nel Settecento, alla corte del Re di Napoli, é già attivo il teatro. Si mettono in scena i più svariati copioni, a volte tragici a volte storici, ma nei due intervalli che dividono i tre atti dell'opera bisogna inserire qualcosa, qualcosa di comico che diverta il pubblico. Così Giovanni Battista Pergolesi scrive un'operetta comica, un Intermezzo in due atti: La serva padrona, la sua unica opera teatrale di rilievo prima di morire giovanissimo. 
I personaggi sono solo tre: la servetta Serpina (soprano), affascinate e subdola ragazza, che desidera diventare la moglie del vecchio Uberto (basso), ricco e avaro padrone, che negli anni ha accumulato ricchezze; per riuscire nell'intento si servirà dell'aiuto dell'ingenuo Vespone, servo muto, quasi “strumento di scena” agli ordini di Serpina.  
La storia si apre con i dispetti che Serpina fa ad Uberto, pur cercando sempre di conquistarlo. Quando si rende conto che le lusinghe e le proprie decantate qualità non bastano ad abbindolarlo, decide di corrompere Vespone e lo traveste dal terribile Capitan Tempesta che, per quanto ne dice lei, è il suo promesso sposo. Il problema è che il capitano sembra un uomo molto violento, pronto a distruggere ogni cosa capiti a tiro di spada, e desidera anche una vasta dote. Così il vecchio avaro, valutate le conseguenze del danno, decide di sposare egli stesso la servetta. In fondo, le vuole bene...! 
Lieto il finale: durante i festeggiamenti del fidanzamento Serpina e Uberto si rendono conto di essere da sempre...  innamorati! 
Alessandra Massari, 2F