La Terza Sinfonia, scritta da Beethoven negli anni 1802-1804 e dedicata a Napoleone, fu inizialmente intitolata Bonaparte per poi divenire Sinfonia Eroica, composta per festeggiare il sovvenire di un grande uomo.
Ve ne proponiamo una recensione molto, molto ... speciale!
La definizione “eroica” va intesa nel senso più ampio del termine: non un eroe militare ma l’uomo nella sua interezza, l’uomo che prova tutte le emozioni umane – amore, dolore e forza – con la massima energia possibile.
Il primo tempo abbraccia tutte le sensazioni della natura umana nel più frenetico slancio giovanile: gioia, sofferenza, piacere, dolore, grazia, tristezza, aspirazioni, frenesie, ardire, irrefrenabile coscienza di sé si intrecciano con forza. E’ la forza propulsiva di questa composizione che affascina e terrorizza. Forza che si accumula fino ad erompere in potenza distruttiva. Pare quasi di vedere una creatura in atto di stritolare il mondo, un titano che lotta con gli dei.
Nella Marcia funebre la musica ci trasmette una sensazione di profondo dolore, animata da una solenne tristezza: una grave, virile mestizia trascorre dal lamento alla tenera commozione, al ricordo, alle lacrime d’amore, all’elevazione interiore, al grido entusiastico. Poi dal dolore germina una nuova forza che ci invade con l’ardore sublime che solo la musica è in grado di esprimere.
Il terzo tempo emana energia, irruenza selvaggia. Davanti a noi c’è ora l’uomo sereno che si aggira felice in mezzo alla natura, alle distese dei campi, alle alture boscose dove riecheggia il suono dei corni da caccia.
Nel quarto tempo Beethoven ci mostra, in conclusione plastica, l’uomo nella sua armonica unità. Il Maestro fissa tutto questo in un tema estremamente semplice che sviluppa all’infinito, dalla più tenera dolcezza alla massima forza. E’ la potenza irresistibile dell’amore che, alla fine del brano, si insedia completamente nel cuore, si espande fino ad abbracciare, nella sua ebbrezza, anche il dolore perché ebbrezza e dolore sono un’unica realtà. Il cuore sussulta, sgorgano lacrime di nobile umanità mentre dall’estasi della malinconia prorompe nuova energia. E l’uomo, nella sua pienezza, ci grida esultante d’essersi riconosciuto dio!.
Richard Wagner, Zurigo 1851