Commedia esilarante dal ritmo divertente, un interminabile insieme di intrugli amorosi e di amori impossibili per il geniale personaggio che ha consacrato Niccolò Piccinni, quel baresotto venuto dal nulla che ci ha divertito tutti, preannunciando quelle che poi sarebbero diventate le attuali commedie televisive, con la CECCHINA. Tutto iniziò quella ormai lontana sera del 6 febbraio 1760, quando al Teatro delle Dame di Roma le musiche di Piccinni, sul libretto di Carlo Goldoni, si innalzarono verso un cielo di risate dando così vita a quella contadinella al servizio del marchese della Conchiglia, e perdutamente innamorata di lui, ma con alle spalle un buffo spasimante di nome Mengotto. Nell’evolversi della vicenda, l’amore tra la contadina ed il suo nobile marchese viene compromesso dal dislivello sociale, dalle trame della sorella marchesa, dal cavaliere Amidoro, dalle malelingue che non mancano mai e dai complotti di servitù. Così, tra pentimenti e frustrazioni, la povera Cecchina è costretta a lasciare la città. Entra in scena il soldato tedesco Tagliaferro, alla ricerca di una bambina con una voglia sul petto, scomparsa parecchi anni orsono al suo nobile signorotto. Ed ecco la sorspresa! … la bambina tanto cercata è proprio quella “buona figliola” della Cecchina! Provate così le nobili origini della giovincella, può essere celebrato il matrimonio, anzi … i matrimoni perché finalmente, dopo altre peripezie, possono sposarsi anche Mengotto con Sandrina (la pettegola del palazzo), la marchesa con Amidoro e, naturalmente, la Cecchina con il marchese. E tutti, felici, cantano in coro:
Scenda Cupido, Dio degli amori,
gli amanti dei cuori venga a legar.
E il diletto di un vero affetto,
oh, non si veda mai terminar.
Stefano Castellana III G
(nella foto: statua di N. Piccinni a Bari)