A
causa della durezza del suo carattere Beethoven ebbe pochissimi contatti, e per
lo più occasionali, con i musicisti della sua epoca. Con Schubert si incontrò solo
di sfuggita in trattorie, negozi di musica o concerti, e mai in atmosfera di
cordialità. Con Carl Maria von Weber le cose andarono meglio perché Weber aveva
diretto con successo a Dresda il Fidelio.
Trascorsero allegramente un intero pomeriggio a Baden, dove Beethoven amava
ritirarsi. Weber, però, ne diede poi una descrizione inquietante: lunghi e
disordinati capelli grigi, fronte alta come un tempio, occhi piccoli tra due folte sopracciglia, figura quadrata. Nell’aprile
1822 Beethoven conobbe Gioacchino Rossini, condotto da un editore nella sua casa
di Vienna. «Ah, Rossini, l’autore del Barbiere!
Mi congratulo con lei, caro Rossini, è un’opera eccellente, l’ho letta con
piacere e mi ha rallegrato» disse Beethoven. «Maestro, voi siete un genio!»
rispose Rossini, ripetendo più volte la frase. «No, Rossini – fu la risposta di Beethoven –
sono solo un infelice!». Franz
Liszt undicenne fu condotto invece in casa Beethoven da Karl Czerny, pianista e
didatta, già allievo del Maestro di Bonn. Liszt sedette al pianoforte e suonò
una fuga di J.S.Bach. Beethoven gliela fece ripetere in altre tonalità per
provare la sua abilità di pianista e di musicista, poi gli disse: «Ah, piccolo
demonio, sei fortunato! potrai far felici molti uomini. Non c’è nulla di
meglio!».