13 dicembre 2010
Intervista a Niccolò PICCINNI
26 ottobre 2010
Intervista impossibile a W.A.MOZART
Giornalista: Signor Mozart, dov’è nato?
Mozart: a Salisburgo, una sera di gennaio del 1756. Faceva freddo, sa?
G: lo immagino! Ho sentito dire che ha una sorella che è molto brava a suonare il clavicembalo.
M: infatti! Si chiama Nannerl ed è più grande di me di 5 anni. Mio padre Leopold è molto fiero di noi!
G: mi parli un po’ del suo talento.
M: da quando avevo 5 anni ho iniziato a comporre piccoli pezzi e mio padre li segnava tutti su un quaderno. Poi pian piano ho imparato a fare molte cose, ma devo tutto a lui, che per me ha rinunciato al suo lavoro.
G: ha viaggiato molto?
M: si può dire che abbia passato la mia vita su una carrozza! Sono andato a Vienna, Monaco, Parigi, Roma e Londra per suonare davanti a principi e altra gente importante, ma non ho suonato solo lì perché ad ogni corte che incontravamo durante il viaggio ci fermavamo e facevamo qualche spettacolo. Ho ancora mal di cavallo per quanto ho viaggiato!
G: c’era una paga?
M: ma certo! ricevevo denaro, abiti sontuosi, o solo ospitalità.
G: ha fatto una bella vita quindi, non è vero?
M: diciamo di sì, anche se per tutti questi viaggi la mia salute è diventata molto fragile!
G: ha mai partecipato a qualche “sfida”?
M: certo e, modestamente, ho sempre vinto!
G: complimenti!
M: grazie!
G: ancora una domanda: ha mai litigato con qualcuno?
M: sì, con l’Arcivescovo che per un po’ è stato mio datore di lavoro. Gli avevo chiesto se potevo andare in Italia per vedere alcune novità, come per esempio il pianoforte (strumento che so suonare discretamente), il teatro, la stamperia musicale e non ricordo che altro, e lui mi diede il permesso per andarci solo per poco tempo. Io, però, ci sono rimasto per … qualche anno! A questo punto mi arriva una lettera in cui mi si invita a tornare a Salisburgo; al mio arrivo, e dopo una bella ramanzina, ho chiesto le dimissioni ed un servo dell’Arcivescovo mi ha dato un calcione nel sedere che mi fa ancora male! Piuttosto, se incontra il nobiluomo, gli dica che mi deve pagare il gesso!
G: povero, il nostro Mozart!
M: ma che fa, mi prende in giro?
G: non lo farei mai! A proposito, lei è sposato? Conosco ragazze che vorrebbero conoscerla…
M: veramente sono già sposato. Una storia complicata. Io volavo sposarmi con quella che ora è mia cognata ma quel vecchio mostro di mio suocero me lo ha impedito e mi ha dato in sposa mia moglie Costanza!
G: capisco! Mi hanno detto che nel 1791 ha composto “Il flauto magico”, non è così?
M: esatto! Pensi che quel fetente di Antonio Salieri era sicuro che io fossi più fetente di lui e che gli avrei soffiato il prestigioso posto di lavoro, ma io non l’ho fatto. Alla fine ha capito che sono un genio, ma io mi sento una persona qualunque, un normale cittadino …
G: so che fa parte di una associazione segreta...
M: sì, è vero, ma è un segreto!
G: e posso saperne il nome?
M: no, è un segreto! L’unica cosa che le posso dirle è che ho scritto un’Opera su questo club. Sa che tempo fa ho avuto una febbriciattola ed è arrivato un tizio che mi ha detto di compormi un Requiem? Pensi che sfacciato!
G: già! ora però mi deve scusare. Vado di gran fretta!
M: bene, arrivederci, e si ricordi del messaggio all’Arcivescovo: … il gesso!
Grazia Germano, 3G
25 giugno 2010
Jazz in Remix
È negli anni ‘30 inoltrati che il jazz da ballo, il jazz ormai ‘contaminato’ dai bianchi, nasce; è il jazz contemporaneo a quello dell’ambasciatore del jazz, Louis Daniel Armstrong, il protagonista assoluto della scena musicale del tempo. Ma uno dei tanti personaggi secondari verrà ricordato solo nel 2010. Allora il suo nome non era conosciuto, e chi avesse osato paragonare un suo brano al fenomenale What a wonderful world? sarebbe stato portato d’urgenza ad un manicomio. Sto parlando della giovane e bella Peggy Lee, accompagnata sempre dal fantastico clarinettista Benny Goodman, il re del jazz dei bianchi (nella foto).E di una canzone in particolare. È Why don’t you?, che nel 1932 fa il giro di molte trasmissioni radiofoniche, ma a cui non riesce mai il salto di qualità. Parla di una storia ambientata nel 1922: un uomo ricco e zimbello di molte donne incontra una ragazza che lo tratterà solo per interessi monetari, tant’è che nel ritornello c’è un ‘Give me some money you!?’, ovvero ‘Mi dai dei soldi tu?’. Il clarinetto di Goodman rende l’atmosfera molto particolare e non si può evitare un movimento, seppur minimo, di ballo.
Febbraio 2010: un dj da poco emergente, in arte Gramophonedzie, ritrova la canzone. E la mette su un giradischi. E la ascolta. Gli piace. E gli piacerebbe, giusto per raggiungere la vetta delle classifiche mondiali, ‘rifarla’, renderla moderna, senza trascurare il lato jazz. E se la canzone, il suo ‘remix’, deve essere davvero speciale, deve avere anche un video, che magari rappresenti la stessa attraente donna che prova a conquistare l’uomo ricco ma ingenuo. Ed è cosi. Nel video c’è un ragazzo che rappresenta il ‘ragazzo tipo’ di oggi. E vive in una ‘casa tipo’ di oggi, nel più totale disordine, con poltrone rotte, TV accesa, mobili spostati, panini non finiti. Il ragazzo ha anche molto disordine nei pensieri. E sta ascoltando ad alto volume una base da dj sublime. Ma, improvvisamente, una tromba e un clarinetto sovrastano il sound della console. Ed una donna, in bianco e nero, sbuca, sedendosi su una poltrona e, accompagnata da una base tipicamente jazz, inizia a cantare con una voce straordinaria, fino ad arrivare al ritornello. Qui effetti della console da dj si fondono con clarinetti, trombe e la fantastica voce rievocata di Peggy Lee. La donna, servendosi di un aspirapolvere, inizia a trasformare tutto in bianco e nero, tutto COME negli anni ’20. E la poltrona diventa stile Art Nouveau, il tavolo, pieno di panini, diventa uno sfarzoso tavolo da pranzo, tutto si rimette in ordine, e la TV diventa una piccola radio. Quindi il gran finale: l’aspirapolvere trasforma anche il ragazzo, in un ricco ma ingenuo giovincello dell’epoca, con riga, giacca e cravatta. Il dato simpatico è che il ragazzo si ritrova, alla fine di tutto, con un giornale che espone le notizie del ‘22, ma soprattutto fuori dalla porta di casa sua, probabilmente poiché la sua casa del ‘22 è molto più bella, ma lui molto più ingenuo.
Oggi, Why don’t you? di Gramophonedzie è nella top three di canzoni più belle del momento. E bellissimo è vedere come rievocare e modernizzare l’antico jazz possa suscitare emozioni fortissime.
Questa l’opinione di chi si è letteralmente invaghito del jazz e di Why don’t you. Come me.
Francesco Petrocelli 3F
12 giugno 2010
L'Impressionismo di Claude Debussy
Claude-Achille Debussy (Saint-Germain-en-Laye, 1862 – Parigi, 1918) compositore e pianista, è considerato uno dei più importanti musicisti francesi di tutti i tempi, nonché uno dei massimi protagonisti, insieme a Maurice Ravel, dell'Impressionismo musicale.
Il suo stile è caratterizzato dalla ricerca di suoni "primari" in grado di sbiadire i densi impasti timbrici della musica sinfonica romantica: timbri poco compatti, vicini alle trame evanescenti del linguaggio poetico simbolista ed alle pennellate di colore nitido ed "incontaminato" di pittori quali Monet, Manet e Cezanne. Musica che tende a non lasciare sensazioni ben definite, che si addentra in "ambienti" tenui e sfumati, colmi di effetti sonori, di suoni alterati, con originali indicazioni interpretative quali "Profondement calme, dans une brume doucement sonore" (letteralmente Profondamente calmo, in una nebbia dolcemente sonora), reperibile nello spartito di La Cattedrale che annega. Nelle svariate composizioni di Debussy, i titoli, spesso suggestivi, sono già proposti in calce allo spartito per indicare l' assoluta soggettività delle emozioni che il brano può suscitare nell' ascoltatore.
(bozzetto di Leon Bakst sul Prélude à l'après-midi d'un faune )
Il Prélude à l'après-midi d'un faune (Preludio al pomeriggio di un fauno) è un poema sinfonico di Debussy, eseguito per la prima volta alla Société nationale di Parigi. Ispirato al poema L'après-midi d'un faune di Stéphane Mallarmé (1876), è considerato il prototipo dell'Impressionismo musicale. La musica narra le fantasie diurne di un fauno che, in un paesaggio bucolico, si diletta a suonare il flauto e ha incontri amorosi con alcune ninfe. Di nuovo solo, il fauno riprende la sua melodia e cade in un sonno beato.
Inizialmente, tra la fine del 1890 e l'inizio del 1891, la composizione fu concepita come sottofondo musicale al poema di Mallarmé. Ma lo spettacolo, previsto per il 27 febbraio 1891, non andò mai in scena, né la musica fu completata. Nel 1892 Debussy riprese in mano le bozze e sviluppò la composizione, dandole inizialmente il titolo di Prélude, Interlude et Paraphrase finale sur l'Après-midi d'un faune. Andò in scena il nel dicembre 1894 nella sala d'Harcourt della Société nationale di Parigi. Il successo fu tale che si dovette concedere il bis. La critica fu più disorientata dalla novità, ma nel tempo il Prélude à l'après-midi d'un faune divenne la più celebre e la più eseguita tra le composizioni orchestrali di Debussy.
Sotto il profilo tematico la composizione segue una forma tripartita abbozzata. Contiene due temi, un elemento tematico di raccordo e una variazione del primo tema. La melodia vagante del primo flauto, dolce ed espressiva, è l'elemento dominante, nel quale si incarna il personaggio del fauno, intorno al quale sono proiettate le luci e le ombre dell'orchestra, secondo un'estetica di tipo impressionista.
3 giugno 2010
Curiosità ... parmigiane!
13 – 15 aprile 2010: gita scolastica ai luoghi verdiani. Tanto divertimento e tante curiosità.
Busseto: la strada che portava alla casa del grande Giuseppe Verdi era lastricata con ciottoli, rumorosi se calpestati: una prima forma di “antifurto”; la casa, invece, era circondata da sabbia (silenziosa al calpestio) per facilitare la concentrazione del musicista durante la scrittura delle sue opere.
Il Teatro Verdi (nella foto), intitolato al musicista, è una piccola bomboniera, decorata in modo sfarzoso; “bomboniera” ci fa capire le sue ridotte dimensioni (la capienza massima è di circa 300 persone quando non c’è l’orchestra, perché in quel caso vengono eliminate le prime tre file, riducendo ulteriormente il numero degli spettatori).
E pensare che Verdi non ci mise mai piede! anzi, fu categoricamente contrario alla sua costruzione perché pensava che le spese investite non sarebbero mai state rimborsate alla città, proprio a causa della minima capienza del teatro. I palchi sono numerati anche all’esterno per evitare che la gente indicasse o gesticolasse durante gli spettacoli: una facilitazione, diciamo così, per le signore pettegole che amavano farsi i fatti altrui!
Più affascinante è il Teatro Farnese di Parma, un edificio ormai interamente ricostruito dopo i bombardamenti della II Guerra Mondiale (nella foto).
E’ tutto in legno, eccezion fatta per le due statue situate alla destra ed alla sinistra del palcoscenico, rappresentanti due generali a cavallo: Ranuccio I, duca di Parma e Piacenza, e principale artefice della costruzione del teatro (a sinistra) e suo padre (a destra). Non è più in uso come teatro ma rimane un vero e proprio monumento al potere dell’antica e nobile famiglia Farnese.
Antonio Bertolino
Giovanni Battista Bronzini
Federico Colasanto
Bianca Montefinese
Francesco Petrocelli
8 maggio 2010
Romantici a confronto: Chopin e Liszt
Nel 1810 in Polonia da Nicolas e nel 1811 in Ungheria da Adam nascevano Fryderyk Chopin e Franz Liszt, armonia e improvvisazione, genio e sregolatezza, musica e poesia per due grandi geni della Musica. Uno riservato, l’altro estroverso, profondamente diversi ma in fondo simili, con appassionanti storie che si incrociano per l’Est Europa, terra natale di entrambi, che però solo uno si porterà nel cuore facendo della Polonia musica e ispirazione, patria come musa, che gli farà suonare il pianoforte meglio di chiunque altro. Ed era questo il vero segreto di Chopin: infatti esordì suonando una Polacca. Liszt invece si ispirava a ciò che aveva imparato da maestri come Salieri e riuscì a concorrere con dèi della musica del calibro di Beethoven. Tra Vienna e Parigi i due artisti si incontrarono spesso ma rimasero profondamente diversi anche nell’amore: Chopin, pazzo per George Sand, l’avrebbe inseguita per tutta l’Europa; Liszt, amante fuggitivo, passò da una donna all’altra. Per capire la loro personalità bisogna ascoltare la loro musica; e se i Notturni esprimono un’improvvisata semplicità, orecchiabile e dolce come una fresca sera, Liszt sa far risuonare mille campanelle, dà ritmo a squillanti suoni e li fa crescere, crescere insieme alle emozioni del suo pubblico.
Stefano Castellana Soldano, 3G
Musica leggera e appassionata che somiglia a un brillante uccello volteggiante sugli orrori dell’abisso. Così Baudelaire definiva la musica di Chopin. Ma la definizione potrebbe anche essere riferita alla musica di Liszt. Entrambi pianisti di raro virtuosismo, esprimono nelle loro opere l’irrequietezza dell’epoca romantica, le passioni e gli ideali dell’uomo. La musica di Chopin ha note di malinconia con slanci appassionati e drammatici che ricordano le sofferenze dei suoi connazionali polacchi; la musica di Liszt si esprime con toni più impetuosi e violenti, con virtuosismi che vanno al di là delle capacità umane e delle possibilità tecniche del pianoforte. La loro vita musicale ed artistica è segnata da eventi importanti: il legame controverso e agitato con la scrittrice George Sand e la salute cagionevole spingono Chopin a rinchiudersi in una malinconia che darà vita ai numerosi Notturni; per Liszt invece il legame con Maria D’Agoult, madre dei suoi tre figli, l’amicizia con Wagner, la fuga con la principessa Caroline von Sayn-Wittgestein, le crisi mistiche gli permettono di passare, nei suoi 75 intensi anni di vita, da periodi di grande creatività a composizioni più intime e solitarie.
Chopin, invece, muore troppo presto!
Vito Giorgio Sassanelli, 3G
19 aprile 2010
Ascoltando ... CHOPIN
Ecco la poesia di Giorgia Di Molfetta sui Notturni e la fiaba di Lorenza De Fazio su Silfidi.
Nella notte
si apre una strada,
tutto si addormenta
al colore della luna.
Accompagnato dal vento,
lieve, si posa su due scogliere.
Ora, la strada da fare è del tutto illuminata.
Bisogna solo andare.
Le sette fatine dell'arcobaleno
E’ arrivata la primavera e le sette fatine si svegliano da un lungo sonno. Prendono le loro bacchette magiche e vanno nel bosco. Svegliano i fiori addormentati, svegliano gli alberi che agitano delicatamente i rami per il leggero vento. Incontrano tanti animaletti, fanno chiacchiere allegre, ma il loro compito le attende, e scappano via.
Pian piano tutta la Natura è risvegliata. In lontananza il loro castello si trasforma per la festa della Natura. Il sole è rovente. Le fatine volano in alto e rendono blu il cielo azzurro, poi ridiscendono e invitano la Natura, ormai trasformata, a danzare nel loro castello. La fatina più romantica, danzando dolcemente, scivola su un pezzetto di ghiaccio, che trasforma in un fiore rosa. Giunte al castello dai colori sgargianti si dà inizio alle danze. Fuori, la natura è stupenda. Anche le danze sono sette; ogni fatina apre la sua bacchetta magica e getta un po’ di polvere colorata per tingere l’atmosfera. Una fatina si affaccia alla finestra, vede un fuoco fatuo e lo invita a ballare; così, insieme, aprono una nuova danza. Un’altra si mette a parlare con un uccellino, un’altra ancora con la sua bacchetta magica fa apparire sul tavolo confetti variopinti.
E’ pomeriggio. Le fatine riempiono di polvere magica il ruscello e finalmente concludono le danze con la danza dell’arcobaleno: una dietro l’altra, galoppando i loro unicorni, formano un arcobaleno maestoso che risplende nel cielo azzurro irradiato dal sole.
Lorenza De Fazio, 1G
15 aprile 2010
Lo sapevate che ...
Nel 1862 (aveva 37 anni) si sposò con la cantante Jetty Treffz, 44enne, che per lui aveva abbandonato il precedente marito ed i suoi sette figli. Furono 16 anni felici e di intensa attività creativa: proprio in questo periodo nacquero capolavori come Sul bel Danubio blu e tanti altri Valzer e Polke ancora oggi famosi.
Dietro gli incoraggiamenti dell'amata moglie Strauss si addentrò anche nel mondo, fino ad allora inesplorato, dell'operetta; il grande successo arrivò presto con Die Fledermaus, Il Pipistrello, un’allegra commedia di scherzi e travestimenti. Ma nel 1878 Jetty morì. Per non restar solo Strauss si risposò con Adele Deutsch, vedova di uno Strauss … banchiere!!!
Nel 1899, dirigendo, alla Hofoper di Vienna Il Pipistrello, prese un brutto raffreddore che, degenerato in polmonite, pose fine alla sua vita. Al momento della sua morte, stava ancora lavorando all’operetta Wiener Blut (Sangue Viennese), che debutterà postuma sotto la supervisione del collega ed amico Adolf Muller, anche lui … junior!
6 aprile 2010
Muri? - Nein, danke!
Per celebrare il ventennale della caduta del Muro di Berlino (avvenuta il 9 novembre 1989) l’Associazione Culturale Italo Tedesca in Terra di Bari ha indetto un Concorso fotografico dal titolo
“Muri? Nein, danke!”
Nella tua realtà quotidiana esistono Muri?
Il Concorso, destinato agli alunni di Scuole Primarie e Secondarie di Primo e Secondo grado della Regione Puglia, mira a promuovere, nell’ottica della reciproca integrazione, la riflessione sulla necessità del superamento dei “muri”, veri e simbolici, delle barriere ideologiche e culturali, che impediscono una reale comprensione tra i popoli, che impediscono di “vedere” l’altro, o che dividono, ponendo le basi del pregiudizio e dell’indifferenza.
Muri che, tuttavia, possono essere abbattuti.
Lavori su formato A3, con foto a tema e breve testo di commento.
E ad “abbattere muri” … c’eravamo anche NOI, con la 3F!
Dei sei lavori presentati, sviluppati in collaborazione con le nostre Proff. Adele Boghetich ed Anna Leo, Fiori tra le Rocce di Giovanni Battista Bronzini ha ottenuto il Secondo Premio, mentre Il Velo di Antonio Bertolino un bel Premio Speciale Intercultura.
Fiori tra le rocce presenta in foto un paesaggio molto originale: un grigio e solitario ghiaione alpino, dal quale spuntano, qua e là, delicatissimi papaveri gialli. Fiori che crescono in un deserto di sassi. Anche i muri più difficili possono essere penetrati, spezzati, distrutti, non dal più forte … ma da chi lo voglia veramente.
Il Velo presenta, invece, su un vivace sfondo rosso, una bella foto in bianco e nero che ritrae lo sguardo triste di una giovane donna, rannicchiata nell'angolo di una squallida scala metallica ed avvolta in un grigio velo. Il muro costituito dal velo musulmano è il più difficile da abbattere per le ragazze, che vengono abbandonate in un mondo di tristezza e sconforto.
Ragazzi, che dire … Complimenti!
Danze a Vienna!
Le cose cambiarono radicalmente nel 1800, quando Johannes Strauss junior (1825-1899), sempre a Vienna, diede vita al VALZER. Figlio di musicisti, giovane vivace ed intelligente (tanto che il padre voleva farne un bancario!), mise su un’orchestrina per feste danzanti e “lanciò sul mercato” il Valzer, danza rivoluzionaria per l’epoca, perché permetteva finalmente al cavaliere di abbracciare stretta la sua dama e volteggiare via velocemente! Stop alle giravolte ed agli inchini! Il ritmo era sempre ternario ma la struttura musicale era più complessa del Minuetto: c’era una “introduzione” (che dava il tempo di invitare le dame) e tante belle melodie, alcune delle quali anche ripetute più volte, con momenti lenti e romantici e momenti veloci e vivaci… danza per giovani innamorati! Strauss ne scrisse ben 170, con i titoli più stravaganti: Vita d’artista, Vino donne e canti, Favole di fate, Tu e tu, Campanelle di neve, Valzer di Cagliostro, Mille e una notte, Il richiamo dell’uccelletto (con un fischietto da cacciatore in orchestra), e, in onore della sua bella Vienna, Sul bel Danubio blu, Storielle del bosco viennese, Sangue viennese, Donne viennesi e perfino … Bonbons viennesi.
30 marzo 2010
Critici a Teatro
Tutto, ma l’allarme anti-incendio NO!!!
E’ successo al teatro Petruzzelli, giovedì 4 marzo 2010, durante la serata di beneficenza a sostegno dei bambini malati di leucemia. Nel momento in cui il primo violino si siede per dare il via all’esecuzione dei Carmina Burana, un sinistro rumore, accompagnato da una voce metallica, invita tutti gli spettatori ad abbandonare il teatro. Inizialmente tra la folla c’è un po’ di timore ma poco dopo il responsabile dei vigili del fuoco, dal palcoscenico, rassicura tutti spiegando con estrema precisione la dinamica dell’incidente: tutta colpa di una valvola rotta, dalla quale fuoriusciva vapore bollente, percepito dai sensori anti-incendio come fumo. Può avere così inizio la rappresentazione.
Ma cosa sono i Carmina Burana?
Sono antichi testi in latino volgare, ritrovati e poi musicati nel 1937 da Carl Orff, compositore tedesco (1895-1982). Nella definizione dello stesso Orff, sono “canzoni profane per cantori e cori, da eseguire col sussidio di strumenti e di immagini magiche”! Trattano moltissimi argomenti: vi troviamo inni bacchici, canzoni di argomento amoroso, alcune delle quali piuttosto “disinvolte” e poco rispettose della morale comune, canti che celebrano la giovinezza ed i piaceri della vita (in modo particolare vino ed eros). Gli autori dei testi erano i cosiddetti “clerici vagantes”, ovvero studenti girovaghi che, nel Basso Medioevo, si spostavano tra le libere Università di tutta l’Europa per seguire le lezioni che ritenevano più importanti. Sebbene godessero di alcuni privilegi ecclesiastici, i loro testi rivelano una visione pagana della vita, che appare governata dal cieco caso e dalla fortuna. Lo spettacolo inizia e si conclude, infatti, proprio con il brano “O Fortuna”.
Già dall’inizio si è colpiti dalla maestosità della musica, che riesce a trasmettere emozioni forti; musica e canto del coro si alternano e riescono efficacemente a catturare l’attenzione del pubblico. A fine spettacolo tutti sono in piedi ad applaudire l’orchestra, i cantanti, il direttore ed i piccoli membri del coro di voci bianche.
Antonio Bertolino, 3F
Giovanni Battista Bronzini, 3F
3 febbraio 2010
Il Cimento dell'Armonia e dell'Invenzione. Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi
PRIMAVERA
Adagio. E quindi sul fiorito ameno prato, al caro mormorio di fronde e piante, dorme il Caprar col fido cane à lato.
Allegro. Di pastoral zampogna al suon festante, danzan Ninfe e Pastori nel tetto amato, di Primavera all' apparir brillante.
ESTATE
14 gennaio 2010
J.S.Bach e la Musica Sacra
Ma cos’è la MUSICA SACRA?
Musica potente, scritta per un ambiente solenne.
A differenza del padre e della sua musica, Johann Christian Bach (1735-1782), nella foto, talentuoso figlio minore di J. Sebastian, dapprima organista nel Duomo di Milano poi Maestro della Corte inglese della regina Sofia Carlotta, compose Musica strumentale per pianoforte e Melodrammi di successo, in uno stile vivace, allegro e divertente, niente a che vedere con la severità dello stile paterno.
Ma ormai erano cambiati anche i tempi!
Luca Alfonso IIG
10 gennaio 2010
Alla Corte di RE SOLE
La musica di quel tempo, però, non era proprio all’altezza della magnificenza della reggia. Timpani e percussioni davano il ritmo ma gli strumenti a fiato in ottone, costruiti a mano, non consentivano un perfetto sincronismo tra i musicisti dell’orchestra. La musica poi procedeva a passo di danza con piccole sequenze, spesso ripetute.
Ma era quello lo stile del cosiddetto BAROCCO FRANCESE.
L'illustre Maestro di Corte era Giovanni Battista Lully (1632-1687), fiorentino, violinista, compositore, mimo, ballerino e ... gran bel capellone! Per saperne di più, leggete il nostro articolo del 25 marzo 2009 dal titolo Lo sapevate che...
Gennaro Bertolino II F
Nelle foto: Re Sole e la Sala degli Specchi di Versailles.
Un salto nella storia locale
Purtroppo, a causa dei molteplici cambi di proprietà, del musicista ormai è rimasto ben poco, ma potremmo definire Casa Piccinni un piccolo Museo della Musica.
Una mostra permanente, dedicata alla Musica delle Puglie, è molto interessante e ricorda che nella nostra regione, tra il XVI ed il XIX secolo, sono nati molti altri importanti musicisti, compositori d’Opera come
Domenico Sarro (Trani, 1679 – Napoli 1744)
Gaetano Latilla, zio di Piccinni (Bari 1711 – Napoli 1788)
Tommaso Traetta (Bitonto, 1727 – Venezia 1779)
Giovanni Paisiello (Taranto 1740 – Napoli 1816)
Saverio Mercadante (Altamura 1795 – Napoli 1870)
e di musica sacra come
Leonardo Leo (S. Vito dei Normanni 1694 – Napoli 1744)
Nicola De Giosa (Bari 1819 – 1885)
nonché Carlo Broschi, in arte Farinelli (Andria 1705 – Bologna 1782), il più famoso dei cantanti lirici castrati.